Partiamo dal fatto che oltre al fungo che esce dal terreno là sotto c’è almeno un enorme micelio, così come sotto ad una pianta ci sono molte radici e l’iceberg che ha ucciso Jack e Rose era molto più grande sotto che sopra. Come spesso accade quello che c’è sotto è molto più complesso di quello che vediamo.
Le piante comunicano tra di loro attraverso una rete micorrizica: quando le radici di due piante sono colonizzate dallo stesso fungo micorrizico, quest'ultimo crea una sorta canale di comunicazione tra i due vegetali permettendo il transito di acqua, carbonio, azoto, nutrienti e mediatori chimici. E’ un rapporto vantaggioso per entrambe le parti, la simbiosi: la pianta da al fungo parte degli zuccheri prodotti con la fotosintesi, il fungo capta dal terreno quei sali minerali e composti azotati di cui la pianta ha bisogno, consegnandoli direttamente alle radici.
Mi sembra un ottimo esempio di arte collettiva, digitale e site-specific.
Extra Media: Plants
di Daniele Giacometti, performer del Collettivo EFFE e regista video
Giuro che non è mia intenzione trasformare il mio spazio su Atto Precario in un diario o in una serie di consigli (non richiesti) di lettura. Giuro.
Questa premessa chiaramente dimostra la mia malefede: il mio articolo di gennaio sembrerà di nuovo una pagina di diario e avrà un consiglio di lettura.
Dunque: è successo che decidiamo che, dopo il numero di novembre, il tema di Atto Precario #3 sarebbe stato “Vegetale”. Registro questa cosa e decido che avrei pensato a cosa scrivere per lo meno dopo Natale. (in pratica me ne dimentico)
Durante le vacanze di Natale inizio un libro che avevo lì in attesa, non mi ricordo più da dove sia spuntato fuori. L'ha scritto Richard Powers e si intitola Il sussurro del mondo, che secondo me è un titolo abbastanza brutto o comunque non molto giusto. Lui in realtà l'aveva intitolato The overstory, che sarebbe la canopia.
La canopia è la parte di su degli alberi e delle piante. Non le chiome, ma l'insieme dalle chiome che si toccano.
È quella trama bellissima che formano le chiome degli alberi: ce l'ha ben presente chi si è sdraiato almeno una volta a pancia in su in un bosco (o in una pineta, per chi come me è più un tipo da mare).
Voglio essere sincero: mentre scrivo sono su un volo da 12 ore, ho dormito poco, è il mio compleanno, e tra due giorni dobbiamo far uscire #3, ma io non sono lucido. Devo accettare che questo scritto sarà disorganico. Lo accetto.
E dire che pensavo che avrei avuto un sacco di cose da scrivere su questo tema.
Per esempio: ho un sacco di piante a casa, mi piace prendermi cura di loro e contemporaneamente sono consapevole del fatto che pensare di prendersi cura delle piante sia ridicolo. Sono esseri sicuramente più esperti di me di come si sta al mondo. Ma io sono un Sapiens occidentale: sono strutturalmente convinto che ogni creatura non umana che mi circonda dipenda in qualche modo da me, che prosperi, esista, sia presente solo nel momento in cui poso il mio sguardo su di lei.
Comunque questo libro che sto leggendo, The Overstory, parla di alberi. Di esseri umani che hanno a che fare con alberi, di come al livello della canopia si scriva una storia che ci sta sopra, non solo in termini spaziali, ma nel senso che ci supera, ci sovrasta, è già successa e sta ancora succedendo, ha ritmi velocissimi e lentissimi contemporaneamente.
Una soprastoria, una sustoria. Boh.
Ho scritto canopia su google, mi sono messo a guardare bene quelle immagini. Non ho saputo oppormi alla tentazione umanissima di chiamare le cose con altri nomi per spiegarle, per costruirci sopra altre storie anche se non ce ne sarebbe bisogno.
Mi è sembrato che le chiome degli alberi che si toccano siano come delle connessioni cerebrali, o delle mappe di una cartografia vegetale, o anche quelle strutture misteriose che si vedono solo al microscopio.
Invece sono semplicemente delle comunità vegetali che per il fatto stesso di vivere quella vicinanza formano, ospitano, conservano moltitudini, sotto forma di insetti, minerali, funghi, spore invisibili.
Sono in Cile. Sono a un Festival. Ci hanno portato in un posto che si chiama Matucana100 ad assistere a degli incontri. È il secondo giorno che ci vengo. Quando ieri ci sono arrivato per la prima volta ho avuto una sensazione di commozione che non ho capito bene. C'è qualcosa qua che mi attiva dei ricordi che però non sono riuscito subito a mettere a fuoco e ancora non ci riesco.
Matucana100 è un centro culturale. Dentro c'è un teatro, forse due, non ho capito, e un minicinema; sotto terra, vicino ai cessi, c'è una sala espositiva enorme, in questi giorni ci sono un sacco di foto in bianco e nero. Tutto questo dentro un parco in mezzo alla città, vicino alla stazione. Alberi dappertutto, mentre fuori passano le macchine, suonano le sirene della polizia, sgasano le ambulanze. Alberi dappertutto. Oggi quando ci sono tornato mi son chiesto cosa fosse questo senso di benessere, anzi di benvenuto che ho sentito di nuovo superando il cancellone di ingresso. Credo sia un odore. C'è odore di polline, di alberi in fiore. È come se ci fosse un dialogare tra alberi e forse è questo che mi ricorda questo qualcosa che ancora non sono riuscito a individuare ma ho capito che non è importante. In qualche modo questi alberi assieme conservano anche qualche mio ricordo.
Ne sono molto sicuro. Non saprei spiegarlo, ma mi sembra così chiaro. Gli alberi si toccano, si sfiorano, e toccandosi, sfiorandosi, si scambiano informazioni vecchie di milioni di anni. Oggi tra queste informazioni c'era un messaggio per me.
Mi tengo questa sensazione senza cercare più di capirla. Non c'è niente da capire. È solo un dialogo tra me e gli alberi.
Leggete il libro. È molto bello. Io non l'ho ancora finito.
GattarƏ
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Giulia Giacometti, medico appassionata di erbe
“Accanto a lei c’era un grosso fungo, press’a poco della sua statura; e quando la bimba ebbe guardato sotto al fungo, ai due lati del fungo e dietro al fungo, le venne in mente che avrebbe fatto bene a guardare anche sopra. Si alzò sulla punta dei piedi, dette una sbirciatina sopra l’orlo del cappello e subito i suoi occhi si incontrarono con quelli di un grosso bruco azzurro che sedeva appunto sul cappello del fungo, a braccia incrociate, fumando tranquillamente un lungo narghilè e senza fare la minima attenzione a lei o a nient’altro”.
Questo è l’incontro tra Alice, spersa nel Paese delle Meraviglie, e il Brucaliffo, il saccente bruco azzurro, intento a soffiare pigri cerchi di fumo dall’alto di un morbido fungo gigante. Il Brucaliffo esiste anche nella realtà: le larve di Manduca Sexta, o verme cornuto del tabacco, hanno la caratteristica di saper metabolizzare rapidamente la nicotina presente nelle foglie di tabacco di cui vanno ghiotte, per poi spararla sotto forma di fumo in faccia ai predatori.Ma qual è il significato più profondo di quest’incontro?
Iniziamo dal fumo... il tabacco viene estratto dalla Nicotiana tabacum, una solanacea che proviene dal continente americano. Qui essa viene ancora oggi utilizzata sia come fitoterapico, come antiparassitario, antidolorifico e vomitativo, sia come “medicina per lo Spirito”, sotto forma di fumo o a per inalazione, come strumento di pulizia del corpo energetico, sempre sotto la guida di un curandero; questi, dotato di una speciale connessione con la pianta, la concepisce come una vera e propria alleata nella cura, e in quanto tale la prega e le chiede permesso, prima di utilizzarla con coloro che ne hanno bisogno. I cerchi di fumo che escono dalla bocca del Brucaliffo avvolgono Alice in un’atmosfera di sacralità e mistero, in comunicazione con gli Spriti della Natura, con i fiori e gli animali.
Alice, quando incontra il Bruco, si è persa nella foresta, e ha perso tutti i suoi punti di riferimento: “Chi sei?”, le chiede il Brucaliffo“Io.. io.. non saprei signore, sul momento... per lo meno, so chi ero stamattina quando mi sono alzata, ma credo di essere cambiata parecchie volte da allora. (...) Non posso spiegare me perché non sono me stessa, capisce?” Come lo sciamano riesce a cambiare forma, assumendo le sembianze di diversi animali, così il Bruco si presenta ad Alice in perfetta armonia con i mondo vegetale che la circonda, porgendole la Medicina di cui ha bisogno in quel momento: il fungo.
Tutti conosciamo i funghi, sappiamo che alcune varietà sono gustosissime, mentre altre velenosissime. Eppure anche di queste ultime è documentato l’utilizzo rituale presso le culture mesoamericana, siberiana, cinese, ma anche europea. L’Amanita Muscaria, il classico fungo rosso a pois bianchi dei cartoni animati, era utilizzata dai guerrieri Vichinghi per alterare il proprio stato di coscienza ed entrare in una condizione di invulnerabilità simile a quello del dio Odino, così da risultare invincibili; usanza simile è documentata in Siberia, mentre in alcune tombe di Guatemala e Messico sono state ritrovate “statue-fungo” che ci parlano di come l’Amanita fosse un alleato per orientarsi nel mondo degli spiriti.
E’ un fungo anche la Segale Cornuta, o ergot (da cui “ergotismo”, la malattia da avvelenamento da questo parassita delle graminacee), che le streghe utilizzavano come ingrediente per i propri unguenti, grazie ai quali riuscivano ad alterare il proprio stato di consapevolezza e compiere i voli al Sabba. “Chi sei tu?” chiede il Brucaliffo. E Alice risponde, secondo la propria vecchia visione di sé, limitata dai confini dell’Ego, piena di paura: “Io non saprei al momento, perché non sono Me stessa”. “-Tu-. Disse con disprezzo il Bruco.-Chi sei Tu?”
Chi è Alice, tolta dalle trappole del Sé? Esiste davvero un confine con ciò che la circonda, con gli animali, con le piante? Ed ecco che Alice mangia un pezzetto di fungo magico, e inizia a crescere, e poi rimpicciolirsi, crescere e poi rimpicciolirsi, senza controllo, fino a trovare la giusta statura. Giusta per proseguire il suo viaggio.